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9 luglio 2008

Il cambio demografico

Bruxelles, 01 Luglio 2008


 

Il cambio demografico in Europa


 

La competitività dell'industria europea in tempi di globalizzazione


 

Occupazione, formazione e qualificazione


  

di


 

Giuseppe Bellissima


Chi vincerà la sfida demografica?


 

L'Unione europea, un'isola di pace e prosperità da oltre 50 anni, è minacciata al suo interno da un nemico non convenzionale: il cosiddetto deficit demografico. La popolazione europea è, infatti, in netto calo e già nel 2050 l'età media salirà a quota 49, quando più di un europeo su dieci sarà over 80.


 

Solo cent'anni fa la popolazione europea costituiva il 15% dell'intera popolazione mondiale ma tale proporzione si invertirà di tre volte entro il 2050. A fare da contrappeso a tale trend c'è la forte crescita dei paesi in via di sviluppo, che rappresentano oltre il 95% della crescita dell'intera popolazione mondiale.
 
Addio baby boom
 
Nell'Unione europea in media il tasso di fertilità femminile è a quota 1.52, un livello chiaramente al di sotto il limite necessario per ricostituire la popolazione, una situazione impensabile solo 50 anni fa negli anni fertilissimi del baby boom post guerra. Il Commissario europeo Špidla, all'indomani della pubblicazione del testo sulla sfida demografica, ha così commentato: "Oggi, a ogni quattro persone che lavorano ne corrisponde una over 65, nel 2050 il rapporto scenderà a due a uno!".
 
Il club post 2050
 
L'età media nell'UE è oggi 39, ma nel 2050 tale cifra salirà fino a quota 49. Va detto che in questo periodo l'aspettativa di vita salirà anch'essa di sei anni per gli uomini e di cinque anni per le donne. Una società più anziana richiederà più cure, più attenzioni e uno sforzo finanziario maggiore. Il cambio demografico influenzerà inoltre il dinamismo economico e l'innovazione, con una perdita di crescita potenziale del PIL europeo stimata attorno all'1.2% fra il 2031 e il 2050.
 
Quali rimedi?
 
Una delle soluzioni è senza dubbio l'immigrazione, anche se tale risorsa diventerà anch'essa prima o poi "anziana". Andrà privilegiato dunque il canale della maggiore produttività e l'introduzione di nuove politiche sulle nascite. Il Parlamento europeo ha, a più riprese, chiesto adattamenti agli Stati membri per tener presente il fattore 'cambiamento demografico', in particolare puntando sull'apprendimento lungo l'intero arco della vita, sull'immigrazione o su leggi sul lavoro.


 

Cambio demografico, occupazione, formazione e qualificazione


 

I cambiamenti demografici, che stanno plasmando una nuova società, saranno sempre più significativi a partire dal 2010: avremo sempre meno giovani e adulti e sempre più "lavoratori in età avanzata", pensionati e persone molto anziane. Le nostre società dovranno inventare nuove vie per valorizzare il potenziale di crescita costituito dalle nuove generazioni e dai cittadini più anziani. Per gestire tali cambiamenti occorrerà il contributo di tutte le parti in causa: andranno sviluppate nuove forme di solidarietà tra le generazioni, caratterizzate da reciproco sostegno e dal trasferimento di competenze e di esperienza. A tale processo dovrà contribuire l'iniziativa europea a favore dei giovani, proposta dalla Commissione Europea nella comunicazione sulla revisione intermedia della "strategia di Lisbona".


 

I lavoratori "giovani" e "anziani"


 

I lavoratori giovani e anziani sono due categorie che richiedono una certa attenzione a livello politico. Per evitare possibili effetti negativi sulla crescita economica e ridurre la pressione crescente cui sono sottoposti i sistemi di protezione sociale a causa dell'invecchiamento demografico, occorre sviluppare politiche per rafforzare l'approccio al lavoro. Una risposta politica deve pertanto concentrarsi su una sempre maggiore integrazione nel mercato del lavoro di tutte le fasce d'età e sull'agevolazione dei cambiamenti di situazione occupazionale lungo tutto l'arco della vita attiva.


 

Servono maggiori sforzi, soprattutto nelle politiche d'istruzione e formazione, per migliorare i risultati occupazionali dei giovani.


 

È un dato di fatto che i giovani si trovano in una situazione particolarmente difficile nel mercato del lavoro. Nell'Unione Europea, il tasso medio di disoccupati nella fascia d'età compresa tra i 15 e i 24 anni è pari al 17,4 % contro il 7,7 % delle persone di 25 anni e più.


 

Questo nonostante il livello di formazione dei giovani è decisamente superiore a quello dei genitori: secondo i dati UE 15 nel 2003 circa il 28% della fascia d'età compresa tra i 25-34 anni possedeva un livello d'istruzione universitario contro il 16% della fascia dei 55-64 anni, dati che consentono di prevedere un livello di produttività e una capacità di adattamento superiori rispetto alle generazioni precedenti, l'UE deve tuttavia rendersi conto che la gioventù è una risorsa sempre più rara che non viene adeguatamente valorizzata. I giovani, infatti, incontrano varie difficoltà d'integrazione:


 

I giovani che lavorano sono spesso indirizzati verso incarichi temporanei o a orari ridotti e malpagati, oppure incontrano ostacoli che rendono poco agevole e lento il loro passaggio dal mondo dell'istruzione a quello del lavoro. Eppure le loro competenze sono fuori discussione, la durata degli studi tende ad aumentare e il livello di scolarizzazione è più alto che in passato. Il supplemento "Lavoro" dei quotidiani europei rivela pagina dopo pagina la quadratura del cerchio a cui sono chiamati numerosi diplomati che si affacciano sul mercato del lavoro: "È richiesta un'esperienza di tre anni nel settore d'attività". Niente lavoro senza esperienza. Niente esperienza senza lavoro.


 

Paradosso supremo, in alcuni settori, in particolare quelli dei mestieri detti "tecnici" e quelli connessi alle nuove tecnologie, si osserva una carenza di manodopera che provoca conseguenze disastrose per le prospettive di sviluppo.

Se si vuole migliorare la situazione occupazionale dei giovani è fondamentale disporre di programmi che affrontino tempestivamente le problematiche di accesso al mondo del lavoro. I giovani sono tra le categorie più esposte agli effetti negativi degli assetti istituzionali che favoriscono quanti hanno un lavoro a tempo indeterminato rispetto ai nuovi arrivati. Ci vogliono delle strategie che familiarizzino i giovani col mondo del lavoro, che agevolino l'accesso e li preparino all'esigenza di formarsi per tutta la vita al fine di adattare costantemente le proprie qualifiche.


 


 

Un'altra sfida importante sta nell'aumentare la partecipazione dei lavoratori anziani al mercato del lavoro e nel ritardarne l'uscita dalla vita attiva. Attualmente oltre metà dei lavoratori di età compresa fra 55 e 64 nell'UE è inattiva, in genere perché si trova in pensione, ma anche per cattive condizioni di salute, problemi personali o familiari, e per la difficoltà di trovare un posto di lavoro.


 

Recenti risultati indicano che gli sforzi degli stati membri volti a realizzare misure a favore dell'invecchiamento attivo stanno cominciando a dare risultati. Negli ultimi anni, l'occupazione dei lavoratori anziani è stata una delle componenti più dinamiche del mercato del lavoro europeo, con tassi d'occupazione per questa categoria saliti di 7 punti percentuali dal 2000 ad oggi.


 

Gran parte dell'aumento dei tassi occupazionali dei lavoratori anziani è dovuta alla parte

femminile di tale categoria, in ragione soprattutto dell'effetto trainante determinato dalla

crescente partecipazione delle donne in generale. Invece, l'aumento dei tassi maschili è

dovuto al fatto che l'uscita dal mercato del lavoro viene ritardata, soprattutto per fattori come le riforme dei sistemi pensionistici e di protezione sociale e altre misure recenti associate all'invecchiamento attivo.


 

Il recente aumento dell'occupazione dei lavoratori anziani non è associato a un aumento

sensibile della precarietà del loro posto di lavoro, né lo è in modo particolare a una maggiore frequenza del lavoro a tempo parziale o autonomo. Molta di questa crescita occupazionale inoltre si registra nei settori a qualificazione relativamente elevata e ad alta intensità di conoscenza, con un passaggio dalle attività più manuali a quelle non manuali e che richiedono maggiori conoscenze.


 

Nonostante il recente miglioramento, gli sforzi per promuovere l'invecchiamento attivo

devono essere portati avanti con energia. La partecipazione dei lavoratori anziani al mercato del lavoro in Europa rimane bassa per gli standard internazionali, e mancano ancora 6,5 punti percentuali per raggiungere l'obiettivo di Stoccolma di un tasso d'occupazione delle persone di età compresa fra 55 e 64 anni pari al 50% entro il 2010.


 

Da uno Stato membro all'altro si notano approcci diversi in materia di invecchiamento attivo. Alcuni gruppi di Stati membri, in particolare i paesi nordici, hanno introdotto un approccio più integrato all'invecchiamento attivo e sono in genere riusciti meglio di altri a integrare e mantenere attivi i lavoratori anziani.


 

Per aumentare la partecipazione dei lavoratori anziani al mercato del lavoro occorrerà

eliminare gli ostacoli e i disincentivi che essi continuano a incontrare sulla via

dell'occupazione, e per far questo occorre risolvere diversi problemi: oltre agli incentivi

finanziari insiti nei sistemi pensionistici, nei sistemi di pensionamento anticipato e in altri

elementi dei sistemi fiscali e sociali, e al di là di una definizione degli stipendi meno legata all'anzianità, tra le sfide generali si trovano un diverso atteggiamento verso i lavoratori anziani, la tutela e la promozione della salute e della capacità di lavoro per i lavoratori che stanno invecchiando e lo sviluppo del livello di qualificazione e occupabilità dei lavoratori anziani mediante un apprendimento permanente efficace.


 

Occorre instaurare condizioni di lavoro adeguate, compresi un orario e un'organizzazione del lavoro più flessibili, oltre a opportunità d'impiego per la manodopera che invecchia. È anche necessario creare un contesto generale favorevole all'invecchiamento attivo, nonché affrontare i temi connessi con le differenze fra i sessi, e sarà fondamentale che ogni strategia volta ad aumentare il tasso occupazionale dei lavoratori anziani si adoperi al meglio per ridurre il divario fra il tasso d'attività maschile e quello femminile.


 

Per raccogliere la sfida rappresentata dall'invecchiamento demografico e dal suo effetto sulla forza lavoro occorrerà un'attuazione su scala più vasta di strategie più integrate rispetto a quanto è stato fatto fino ad oggi. Servono misure che valorizzino l'integrazione dei lavoratori anziani e ne migliorino l'occupabilità, e che si frappongano alle uscite premature dalla vita attiva. Nel portare avanti le politiche di invecchiamento attivo occorre prestare un'attenzione particolare alla promozione dell'accesso all'occupazione in tutto l'arco della vita attiva.


 

Una strategia esaustiva in materia di invecchiamento attivo deve concentrarsi sull'intero arco di vita e su tutte le fasce d'età, non soltanto sui lavoratori anziani.


 

Cambio demografico, le imprese e la competitività dell'industria europea


 

La pressione della concorrenza in tempi di globalizzazione e il progresso tecnologico hanno indotto molte imprese nelle economie avanzate alla valorizzazione del capitale umano con forte attenzione alle questioni connesse all'invecchiamento demografico.


 

Le imprese infatti, oggi, si ritrovano con una forza lavorativa invecchiata, e come già menzionato inizialmente, con una carenza di lavoratori qualificati, in un contesto economico globale, che richiede una maggiore produttività e capacità innovativa per resistere alla concorrenza.


 

Sono queste le condizioni principali che hanno indotto le imprese in Europa a sviluppare nuove strategie relative alle risorse umane.


 

In questo contesto, però, bisogna menzionare che sono relativamente poche le imprese che in passato hanno sviluppato strategie specifiche relative all'invecchiamento demografico. La stragrande maggioranza incomincia solo adesso ad occuparsi delle conseguenze che esso comporta per l'industria.

Le imprese più moderne hanno adottato forme più flessibili di organizzazione del lavoro, accompagnate da politiche apposite di gestione delle risorse umane. Le forme flessibili di organizzazione del lavoro sono caratterizzate a grandi linee da strutture meno gerarchizzate, da un coinvolgimento maggiore del personale nel processo decisionale e da una maggiore discrezionalità dei lavoratori nell'esecuzione delle loro mansioni, insieme a tipologie di lavoro più varie. Queste pratiche di lavoro innovative presentano aspetti significativi di complementarità e risultano più efficaci se combinate con alcune pratiche di gestione delle risorse umane, come la formazione sul luogo di lavoro e i sistemi retributivi in funzione dei risultati. Ciò peraltro non implica necessariamente una convergenza verso un modello unico di posto di lavoro flessibile.


 

La qualità delle condizioni di lavoro dipende dal modo di organizzare il lavoro flessibile adottato da ciascuna azienda. Il modello di flessibilità interna avanzata o "apprendimento

discrezionale" (che combina maggiori aspettative nei confronti dei lavoratori, in termini di responsabilità e soluzione dei problemi, con una maggiore autonomia sul lavoro), può

rappresentare una soluzione ottimale in grado di conciliare gli interessi di datori di lavoro e lavoratori, in particolare se combinato con un maggiore sostegno ai lavoratori che cambiano lavoro e azienda. Rispetto alle forme più tradizionali di organizzazione del lavoro, tale modello infatti è caratterizzato allo stesso tempo da un maggiore rendimento dell'azienda e da migliori condizioni di lavoro. D'altra parte, forme più basiche di flessibilità funzionale, come la rotazione delle mansioni, il lavoro di squadra e norme di produzione severe, possono andare a discapito della soddisfazione del posto di lavoro e dell'equilibrio fra lavoro e vita personale, e comportare effetti negativi del lavoro sulla salute.


 

Il modo in cui è organizzato il lavoro svolge un ruolo fondamentale dal punto di vista

dell'assorbimento e della creazione della conoscenza. I modelli caratterizzati dalla

discrezionalità sul lavoro combinata con attività complesse di soluzione dei problemi sono il modo più efficace di sviluppare l'innovazione interna all'azienda, mentre il modello "tutelato", caratterizzato da un basso grado di autonomia e dalla preminenza di rotazione delle mansioni e lavoro di squadra, tende a comportare l'adozione e/o modifica di tecnologie esistenti. Il coinvolgimento dei lavoratori nella comprensione e soluzione dei problemi connessi con la produzione sembra quindi essere un fattore cruciale per le attività di apprendimento e innovazione, oltre al completamento dell'istruzione classica (secondaria) e/o alla partecipazione alla formazione professionale continua.


 

Rimane però il fatto che non esistono soluzioni generali per risolvere i problemi, e al cospetto della crescente competizione nel reclutare risorse umane qualificate disponibili sul mercato, il solo copiare di buone pratiche per risolvere i problemi connessi all'invecchiamento demografico, si rivela del tutto insufficiente per le imprese.

Piuttosto occorrono strategie e politiche specifiche progettate su misura a livello settoriale, territoriale ed aziendale.


 

La ricerca, l'approfondimento delle scienze, la formazione, l'apprendimento lungo l'intero arco della vita cioè la formazione professionale continua, il trasferimento generazionale del sapere e delle esperienze, specialmente fra lavoratori esperti e lavoratori giovani, ed infine il posizionarsi sul mercato come datore di lavoro attrattivo - sono questi gli elementi chiave, essenziali per rafforzare le capacità delle imprese.


 

Inoltre, sotto il profilo delle future prospettive, sarà anche di fondamentale importanza la capacità delle imprese di assumere e di legare a lungo termine i lavoratori alle proprie imprese.


 

Le imprese quindi, per contribuire alla crescita economica e alla competitività dell'Unione Europea, devono svolgere un ruolo attivo in questo campo. In particolare devono incrementare gli investimenti in potenziale umano e contribuire attivamente a formare una forza lavorativa qualificata, con accesso alla formazione, allo sviluppo della carriera, a un'organizzazione flessibile del lavoro e dotata di un senso di sicurezza dell'occupazione.


 

Qualità e fattori che si presentano decisivi per incrementare la produttività, rafforzare la capacità innovativa, favorire la creazione di posti di lavoro e aumentare i tassi d'occupazione.


 

La situazione, infine, richiede un impegno straordinario di partecipazione, di responsabilità sociale, di dialogo, di proposta, ma anche di vero e proprio cambio di cultura da parte delle imprese. Un cambio di cultura che però non può essere limitato soltanto alla singola impresa, ma va interpretato come cambio di cultura dell'intero sistema economico e sociale.


 

Certo è, in questo senso, che le imprese quali riescono a trasformare attivamente il cambio demografico in uno strategico fattore di successo, in futuro, sicuramente godranno di vantaggi a livello di competitività.


 

Le parti sociali, la politica e la scienza ?


 

In Europa abbiamo bisogno di un processo di apprendimento e di cambiamento. Un processo di dialogo costruttivo al quale devono partecipare insieme alle parti sociali, esponenti dell' economia, della politica e della scienza.


 

Solo tramite un gioco di squadra, mirato a sviluppare un quadro di condizioni, capace di affrontare i problemi connessi al cambio demografico, ed efficiente nel sostenere le possibilità che esso offre, si potrà tutto sommato rafforzare la competitività di tutta l'economia europea, garantendo cosi, crescita, sviluppo, lavoro e occupazione.


 

La meta non può essere altra che la creazione di un modello sociale Europeo che garantisca un futuro ai lavoratori, all'economia e alla società in Europa.


 

Le parti sociali devono approfondire l'argomento tramite il dialogo sociale e proporre delle iniziative basate sulle seguenti linee guide:


 


 

  • promuovere le riforme della strategia di Lisbona: l'impegno di creare un quadro legislativo e di politica industriale favorevole alla crescita e la competitività dell'industria europea, creando cosi, occupazione, lavoro e benessere. La politica industriale dell'UE deve coniugare efficacemente, tramite un approccio orizzontale e coerente, i tre pilastri della strategia di Lisbona - l'economia, il sociale e l'ambiente.


 

  • più occupazione e di migliore qualità: un ambiente di lavoro sicuro, attraente e flessibile può favorire la partecipazione attiva di tutte le fasce d'età al mondo di lavoro. Il part-time in particolare, può agevolare una transizione morbida al pensionamento, cosi come il miglioramento dell'ambiente di lavoro; orari flessibili e l'accesso alla formazione producono un impatto positivo in termini di motivazioni e produttività.


 

  • competenze professionali più elevate e adattabili: ridurre la difficoltà d'accesso al mondo del lavoro per i lavoratori anziani e giovani; accesso alla formazione e in particolare mettere effettivamente in atto il progetto di apprendimento lungo l'intero arco della vita; promuovere il trasferimento generazionale del sapere e delle esperienze all'interno delle imprese.


 

  • rendere il lavoro un'opzione effettiva per tutti: è essenziale che i datori di lavoro modifichino il loro approccio al fine di riconoscere l'effettivo valore del potenziale umano; è inoltre essenziale opporsi alle discriminazioni basate sull'età e, in questo senso, un ruolo fondamentale è affidato ai servizi pubblici per l'impiego cui spetta il compito di sostenere i lavoratori in ricerca di un impiego e di combattere gli stereotipi negativi diffusi in ambito datoriale.


 

  • garantire un equilibrio tra le generazioni: politiche volte a garantire un equilibrio tra le generazioni nella ripartizione del tempo lungo tutto l'arco della vita e nella ripartizione sia dei frutti della crescita sia delle esigenze di finanziamento delle pensioni e della sanità.


 

  • ricerca e innovazione: i motori della crescita economica sono la produttività, la ricerca e l'innovazione. Inizialmente è stato seguito un approccio lineare basato sulla ricerca, mentre è più appropriato un approccio sistemico che comprende tutti gli elementi che intervengono nell'innovazione. Il modello sistemico deve essere sviluppato per poter comprendere non solamente l'innovazione tecnologica, ma anche altre forme di innovazione. L'Unione europea deve quindi approfondire le sue conoscenze su questo processo per poter elaborare una politica efficace.
    L'integrazione dell'innovazione nelle diverse politiche consente di rafforzare l'impresa, che si trova al centro del processo d'innovazione. Ad esempio, la formazione del personale in materia di spirito imprenditoriale consentirà di sfruttare meglio le opportunità offerte dal mercato. La cooperazione con altre imprese e le pubbliche autorità impone la creazione di « grappoli d'imprese » (clusters) complementari, geograficamente concentrati, interdipendenti e concorrenti. Ai fini dello sviluppo di processi innovatori sono necessari parametri come l'esistenza di manodopera qualificata e mobile; maggiori investimenti in potenziale umano; miglioramento del sistema d'istruzione; l'attuazione effettiva della formazione continua e l'incrementare le competenze della forza lavorativa.


 

  • produttività: Gli indici di produttività possono essere visti sotto due aspetti: la produzione e il consumo. Dal lato del consumo sono indici di capacità, effettiva o potenziale, e quindi anche di benessere sociale. Aumentare la produttività, in questo senso, non può solo significare aumentare i ritmi di lavoro per incrementare la produzione, ma piuttosto significa lo coinvolgimento dei lavoratori al benessere in termini economici e di salute & sicurezza.


 

  • rendere redditizio il lavoro: l'adozione di regimi fiscali e retributivi che incentivino economicamente i lavoratori


 

  • strategie che coinvolgano le parti sociali: in particolare, il soggetto pubblico, i sindacati e le associazioni datoriali sono chiamati a intervenire sull'organizzazione del lavoro e sull'ampliamento delle possibilità di accesso alla formazione e al mondo del lavoro.


 


 

La politica di coesione. Un mezzo per affrontare i rischi demografici


 

L'Unione Europea, seguendo con determinazione una politica di coesione, investe, tramite il FES - Fondo Europeo Sociale- un totale di 347 miliardi di Euro per il periodo 2007 – 2013 nelle regioni più a rischio. I programmi relativi alla politica di coesione mirano a promuovere l'occupazione e la crescita in tutti gli Stati membri e nelle regioni dell' UE.


 

Il commissario Hübner ha dichiarato recentemente: "La politica di coesione finanzierà progetti prestigiosi per portare avanti il programma per la crescita e l'occupazione nell'Unione europea a complemento di altre politiche comunitarie. Tutti gli Stati membri hanno incluso nei loro programmi gli obiettivi della strategia di Lisbona e affronteranno nuovi problemi, quali l'accelerazione della globalizzazione, l'emergere del cambiamento climatico, l'invecchiamento della popolazione europea o i fenomeni migratori."


 

Riferendosi alla promozione dell'occupazione, Vladimír Špidla, commissario UE responsabile di Occupazione, affari sociali e pari opportunità, ha dichiarato: "Il Fondo sociale europeo, il nostro principale strumento per investire nell'occupazione e nel potenziale umano, continuerà la sua efficace attività nel corso dei prossimi anni, trasformando il principio della coesione sociale in vantaggi tangibili per milioni di persone", per poi aggiungere: "La promozione dell'occupazione e della crescita è uno degli ambiti che interessano maggiormente i cittadini europei e oggi il FES è più importante che mai per raggiungere questo obiettivo. Tutti devono avere la possibilità di contribuire alla prosperità dell'Unione europea."


 


 

Altre informazioni e link utili:


 

Cambio Demografico – Parametro strategico per le imprese !

Per le imprese in Europa il
cambio demografico si caratterizza sempre più da parametro strategico nell' individuare collocazioni adatte ai loro obiettivi.


 

Per affrontare i rischi ed individuare possibili vantaggi le imprese necessitano informazioni scientificamente attendibili e facilmente accessibili.


 

In merito la "Econsense", in collaborazione con alcune multinazionali, ha realizzato una piattaforma su internet, offrendo un servizio con cartine interattive dell' Europa. Il sito è stato creato per dare un quadro completo sul cambiamento demografico regionale ed i rischi demografici. I dati riportati sulle cartine sono basati sui seguenti parametri: offerta di lavoro, potenziale umano, produttività, ricerca e sviluppo.

http://www.demographic-risk-map.eu/


 


 

Politiche integrate del mercato del lavoro producono una migliore resa sul piano occupazionale

http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/07/1761&format=HTML&aged=0&language=IT&guiLanguage=en


 

Il rilancio della strategia di Lisbona

http://www.unive.it/media/allegato/studi_prog_ricerca/programmi%20europei/Strategia_Lisbona/Rilancio_Lisbona2005.pdf


 

Lavoratori anziani e mercato del lavoro europeo:

http://www.demographic-research.org/volumes/vol17/24/17-24.pdf


 

Libro verde: "Una nuova solidarietà tra le generazioni di fronte ai cambiamenti demografici":

http://ec.europa.eu/employment_social/publications/2005/ke6705266_it.pdf